L’occidente sull’orlo di una crisi di nervi

La presidenza Trump sembra aver portato il mondo occidentale sull’orlo di una crisi di nervi. E’ stato persino scritto che il nuovo inquilino della Casa Bianca ha messo in minoranza il pensiero liberale. Fortunatamente questo pensiero è molto più ampio e complesso di quanto si immagini. E’ vero che Trump si muove fuori dai canoni convenzionali e un mondo occidentale abituato ad una consuetudine tradizionale non capisca cosa succeda. Eppure dovrebbe essere chiaro che Trump rappresenta un fenomeno politico nuovo, di rottura, certo, ma comunque contenuto da un sistema consolidato, tanto che venti procure federali hanno contestato il suo provvedimento sull’immigrazione che il presidente, di fatto ha subito dovuto smontare, definendolo temporaneo. Trump aveva anche affermato di non volerne più sapere della Nato, poi si è incontrato con il premier britannico e ha cambiato idea. Infine ha detto che anche l’America ha delle responsabilità nelle morti nei conflitti come la Russia e per la verità, è qualcosa di cui mezzo mondo l’accusa almeno dai giorni di My Lai, se non dal bombardamento di Dresda, e prima comunque di Abu Grahib. L’allarmismo su Trump per molti versi è ingiustificato, bisogna partire semmai dagli insuccessi di Obama e capire se la nuova presidenza potrà migliorare le cose o meno. In ogni caso ci vorrà del tempo, al netto dei provvedimenti presi o annunciati in questi primi cento giorni, tutti comunque enfatizzati. Anche il muro con il Messico sembra chissà che cosa, ma lo ha iniziato a costruire Bill Clinton. Il problema vero della difficoltà occidentale è purtroppo un altro e cioè se domani vincerà le elezioni francesi Marine Le Pen. In questo caso, il programma sarebbe chiaro, la Francia esce dalla Nato, e non una novità, ma anche dalla Ue e questo comporterebbe un tracollo. L’Europa è in difficoltà senza l’Inghilterra, come si potrebbe immaginare anche senza la Francia? Per cui, per carità, è appassionante il dibattito sulle regole di bilancio europeo che abbiamo in queste settimane tra rigore e cambiamento dei parametri. Temiamo solo che per portare avanti soluzioni e proposte serva almeno sapere se la Francia farà ancora parte di quel contesto che venne lanciato a Maastricht nel lontano 1992. Il timore è cha a maggio 2017, l’Europa appaia completamente diversa da allora.

Roma, 6 febbraio 2017